Tra i fondatori di quella che oggi è una realtà storica del judo pescarese, Alfredo Trinchese, oltre a essere un esperto maestro di Judo, ricopre anche il ruolo di presidente dell’Asd Judo Kai Sakura Pescara.
Insieme agli insegnanti tecnici Emidio D’Onofrio, che si occupa di judo e ju jutsu, e Vittorio Sola, che insegna ju jutsu e difesa personale, Alfredo Trinchese rappresenta uno dei principali artefici dello sviluppo del judo a Pescara.
Vivendo quindi la realtà delle arti marziali ogni giorno, il presidente dell’associazione sportiva pescarese incarna quindi la persona giusta per poter capire meglio quali siano le prerogative di chi insegna e pratica questi tipi di attività, e della propria palestra in generale.
Il primo aspetto riguarda gli obiettivi che il maestro della Judo Kai Sakura si prefigge in riferimento a coloro che iniziano a praticare il judo: «L’obiettivo è quello di far crescere individui equilibrati e sicuri di sé. Il judo è uno sport di combattimento derivato dall’antico ju jutsu», spiega Trinchese, «e potrebbe sembrare uno sport aggressivo, ma in realtà tende all’autocontrollo e alla consapevolezza del proprio corpo e di quello del compagno di pratica. In mancanza di queste attitudini si rischierebbe di farsi male o di fare del male. Nel judo tutto è controllato rigorosamente, con regole precise, a cominciare dallo studio delle cadute fino alle tecniche; il combattimento (randori) è infatti frutto di un duro lavoro di allenamento tecnico e condizionamento del proprio corpo. Le tecniche sono il risultato di una selezione di quelle del vecchio ju jutsu, scelte seguendo criteri di praticabilità e di allenabilità in tutta sicurezza, e di una loro costante evoluzione che va avanti da circa un secolo e mezzo, seguendo i più moderni principi di biomeccanica. Il fine ultimo nel judo non è quello di sottomettere l’avversario, ma quello di sottoporsi a un confronto con lui, attraverso delle regole precise: sotto questo punto di vista rappresenta senza dubbio un momento di crescita individuale e collettivo. Si pensi che uno dei principi del Judo, rappresentato dalla flessibilità o adattabilità alle diverse situazioni (“Ju” significa appunto “cedevolezza”), è da alcuni anni materia di studio nella formazione dei manager aziendali di alto livello, in varie nazioni».
Partendo da questi presupposti, è pertanto possibile capire, anche attraverso le spiegazioni del presidente della Judo Kai Sakura, come e in che maniera il judo possa risultare utile nella prevenzione di fenomeni come il bullismo: «Il judo combatte il bullismo perché, come accennato, agisce soprattutto sull’autocontrollo e sulla responsabilizzazione nei confronti dell’altro: c’è inoltre una canalizzazione dell’aggressività attraverso regole ben precise, al di fuori delle quali non è possibile andare in alcuna maniera. Il rispetto per l’ambiente e per i compagni di pratica è rimarcato all’inizio e al termine di ogni lezione con l’esecuzione del saluto cerimoniale, che rappresenta appunto il rispetto reciproco».
E partendo proprio da tale contesto, che riguarda principalmente bambini e ragazzi, si inserisce il progetto avviato con le scuole promosso dalla Fijlkam (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali): «Il progetto è promosso dalla Federazione e ha lo scopo di portare elementi di conoscenza del judo a partire dalla scuola materna ed elementare. È importante come supporto all’educazione motoria già presente nelle scuole, poiché può risultare utile per lo sviluppo sia della psicomotricità che della neuromotricità nei bambini. In particolare la branca neuro-motoria è oggetto di studi sperimentali da parte di “Movi-mente”, un’associazione che studia lo sviluppo delle capacità intellettive nei bambini dai tre ai sei anni, attraverso il movimento. Nello specifico, ciò che cerchiamo di fare è di integrare le ore di motoria con una disciplina che sviluppa in maniera completa le capacità del bambino di rispondere e adattarsi a stimoli fisici, mediante esercizi particolari presenti anche nel judo. Questo tipo di attività», prosegue il presidente della Judo Kai Sakura Pescara, «essendo essenzialmente una disciplina di contatto fisico, può servire ai bambini più timidi per aprirsi, e come primo approccio per superare eventuali difficoltà nei rapporti con gli altri, soprattutto in situazioni familiari in cui la consistenza dei figli è rappresentata da una singola unità, in una società che purtroppo non offre molte possibilità di contatto dei più piccoli tra di loro. In prospettiva opposta, il judo riesce anche a fornire una “valvola di sfogo” ai ragazzi potenzialmente più esuberanti».
Passando alle peculiarità che contraddistinguono le attività svolte nella palestra della Judo Kai Sakura, vi è l’aspetto relativo al rapporto profondo che si crea tra gli atleti che praticano judo, che sicuramente è uno dei parametri principali seguiti e che ogni istruttore cerca di coltivare nei propri atleti: «Condividere i duri allenamenti e le difficoltà che inevitabilmente si devono affrontare, crescere e a volte soffrire insieme, fa nascere delle profonde amicizie sul tatami, il tappeto dove si pratica judo, e questa è una cosa che abbiamo verificato nel corso degli anni anche nella nostra palestra».
L’amicizia e gli aspetti sociali del judo non prescindono però dalle consuete attività svolte quotidianamente in palestra: «Come società seguiamo sia gli agonisti, sia coloro che non praticano agonismo. Per quanto riguarda i primi, quest’anno i nostri Cadetti, atleti tra i 15 e 17 anni, dopo una serie di appuntamenti che li hanno portati a essere presenti in diversi eventi spesso anche molto impegnativi (Campionato italiano, Trofeo di Vittorio Veneto, Trofeo Yamashita di Giano d’Umbria, Grand Prix di Genova), affronteranno i Campionati italiani a Squadre alla fine del prossimo settembre. È il primo anno che partecipiamo a questa competizione con una squadra composta tutta da elementi della nostra associazione, e abbiamo quindi come obiettivo quello di non sfigurare in questa importante e difficile manifestazione. Per le attività non agonistiche, portiamo comunque avanti il lavoro tecnico anche con quegli atleti che non amano la competizione e che stiamo seguendo al meglio nella preparazione per i passaggi di cintura o nella preparazione agli esami di cintura nera che solo alcuni di loro affronteranno a dicembre».
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