Quando, nel 2000 un gruppo di genitori che si erano incontrati e conosciuti nel reparto di Ematologia dell’ospedale Spirito Santo di Pescara, decisero di costituirsi in associazione per poter creare una rete di supporto che aiutasse le famiglie e i bambini malati nel difficile percorso di guarigione, non immaginavano di certo cosa sarebbe successo dopo.
E lo stesso reparto non aveva affatto l’aspetto ospitale e i colori che accolgono oggi bambini provenienti da tutto l’Abruzzo e da gran parte del sud d’Italia. Prima dell’Agbe c’era un solo reparto, che riuniva adulti e bambini, e le cure in day hospital venivano somministrate a tutti in un’unica stanza, in cui a fatica i genitori riuscivano a stare dietro ai propri figli.
Poi venne l’Agbe (Associazione Bambini Genitori Emopatici), e tutto cambiò. Un percorso di 15 anni di lotte, non solo una lotta per la sopravvivenza contro una malattia tanto crudele quanto spossante, ma una lotta per la dignità e un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà, ai bambini malati, ma anche ai loro fratellini e sorelline, costretti a cambiare ritmi e spesso a passare lunghi periodi lontani dalla loro madre.
Oggi il simbolo dell’Agbe è una casa rossa a un passo dall’ospedale, costruita con una gara di solidarietà organizzata da Trenta Ore per la Vita, e che, grazie a Lorella Cuccarini, ma anche al potere indiscusso della televisione, accoglie e supporta le famiglie non residenti a Pescara, costrette a passare lunghi periodi in ospedali accanto ai bambini malati, ma anche chiunque abbia bisogno di un appoggio nella gestione della malattia e soprattutto delle cure, a volte ancora più estenuanti.
Nella Casa Trenta Ore per la Vita i volontari prestano il loro aiuto nell’organizzazione delle giornate, dei servizi di trasporto, ma anche delle attività ricreative. Come Livia Buccella, che con grande amore e pazienza mi mostra le stanze. Mi dice che l’età media dei loro piccoli ospiti si è abbassata durante questi anni e che oggi arrivano anche bambini che hanno solo poche settimane di vita nella struttura (e quindi in reparto). O come Achille Di Paolo, vice presidente di Agbe e Massimo Parenti, presidente dell’associazione, che dirigono con abile maestria una macchina impressionante e strutturata che non potrebbe vivere senza l’amore e la sensibilità della gente.
(s.s.)