Concorso in usura nei confronti di 2 imprenditori del mobile. Questa l’accusa per la quale risultano indagati, da parte della Procura di Pescara, 3 ex responsabili della banca Caripe. A condurre le indagini è il pm (pubblico ministero) Gennaro Varone: gli indagati sono A.D.M., ex amministratore della Caripe, M. R., ex amministratore delegato della banca e F.T., ex direttore pro tempore dell’agenzia 2 della Caripe.
Recentemente sono stati sequestrati alla Caripe i fascicoli riguardanti le pratiche al vaglio della Procura. Secondo quanto emerso dalle indagini, l’Agenzia numero 2 della Caripe di Pescara, con sede in via Misticoni, avrebbe concesso alle due presunte vittime, soci della stessa azienda pescarese, a partire dal primo trimestre del 1998, un’apertura di credito in favore della gestione dell’attività d’impresa.
In base all’accusa, sulle passività di tale conto sarebbero stati “addebitati interessi superiori a quelli della soglia usura legislativamente definita” nel terzo trimestre 2009, nel primo e secondo trimestre 2010, nel secondo, terzo e quarto trimestre 2012, e in tutto i quattro trimestri del 2013.
In particolare, secondo il pm Varone, 2 degli indagati, si sarebbero fatti dare “in unione e concorso tra loro, in corrispettivo di un prestito di 150 mila euro denominato “Idea Credito”, interessi usurari, sia perché la rata prevista, pari a 4.166 euro mensili per i primi 8 mesi e a 6.018 euro mensili per il periodo compreso tra il 31 maggio 2010 e il 28 febbraio 2012, era del tutto sproporzionata alla corrispettività e alla redditività d’impresa, e tale da assorbirla completamente; sia perché lo sviluppo del piano di ammortamento portava comunque a un tasso d’interesse effettivo globale pari al 18,05 per cento, contro la misura del 7,78 per cento del tasso soglia di usura”.
I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 1 luglio 2009 e il 28 febbraio 2012. Successivamente, 2 dei 3 indagati, “in unione e concorso tra loro, in corrispettivo di un prestito da 150 mila euro, erogato dalla Caripe e sul quale veniva pretesa la garanzia di Confidi Abruzzo, si facevano promettere e dare interessi usurari da corrispondere in 60 mesi a rata crescente”.
In base all’accusa, gli interessi sarebbero usurari sia perché “del tutto sproporzionati alla corrispettività e alla situazione di bisogno delle persone offese, impossibilitate a fare fronte a un simile peso economico; sia per essere tali interessi pari al 15,50 per cento, contro la misura del tasso soglia pari all’8,90 per cento”.