[Economia]

Sempre più divorzi in Italia, e una coppia di Pescara fa giurisprudenza: un terzo del reddito del marito va alla moglie

Sempre più divorzi sempre meno matrimoni in chiesa, con i dati che a livello nazionale sono meno di quelli celebrati nel Comune di residenza della coppia, per la prima volta nella storia. Ed a divorziare ci si impiega in media sette anni. E se ci sono guide online per la consulenza legale Italia che mettono in guardia dai rischi, specie quelli legati alla comunione dei beni, sempre di più le coppie si fanno trovare impreparate di fronte al naufragio del sogno di una vita insieme. Il divorzio breve non sembra aver aumentato più di tanto il numero di divorzi decisi dal tribunale di Pescara che si mantengono intorno al migliaio l’anno. Interessante invece la sentenza pronunciata recentemente dalla corte di Pescara, che ha dato puntuale attuazione al principio di solidarietà tra i coniugi. E’ il caso di un ufficiale di carriera della Guardia di Finanza residente fino a quattro anni fa con la moglie a Pescara. Al naufragio della loro unione coniugale è seguito un iter tutto sommato rapido che quattro anni dopo la decisione di troncare l’unione sancita oltre trent’anni prima della data del divorzio che ha visto il marito “condannato” a riconoscere alla moglie il 33% del reddito mensile. La motivazione risiede di fatto nella rinuncia alla carriera da insegnante della donna, che si vede così risarcita della scelta di non proseguire la propria strada nel campo dell’insegnamento.
La donna infatti, nonostante avesse conseguito l’abilitazione all’insegnamento negli asili nido e un titolo di assistente sociale, dopo il fatidico sì con il suo promesso sposo, aveva rinunciato alle sue personali ambizioni per dedicarsi – con il beneplacito del marito – alla crescita del figlio. Ma non solo. La moglie aveva sostenuto fortemente il coniuge nella sua crescita professionale nell’ambito della carriera di Ufficiale della Guardia di finanza e lo aveva seguito nei suoi numerosi trasferimenti di sede lavorativa (prima a Mestre, poi a Varese e infine a Chieti). L’uomo durante il matrimonio aveva terminato gli studi universitari. Tutte circostanze che secondo i giudici dimostrano il supporto cruciale della donna alla crescita professionale del coniuge. Risultato: il marito aveva raggiunto la carica di colonnello mentre la moglie, ormai sessantenne, era rimasta casalinga, senza possibilità , data l’età, di mettere a frutto le sue datate qualifiche professionali.
Considerate le circostanze, soprattutto i continui cambiamenti di città necessari per la carriera del marito, il ménage familiare non avrebbe certo potuto “conciliarsi con un’attività lavorativa continuativa e stabile della resistente, che avrebbe invece comportato la diversa scelta comune di fondare la vita matrimoniale sul lavoro di entrambi”. Giusto allora che i sacrifici di questa moglie siano stati riconosciuti. Come potrebbe, infatti, una donna di sessant’anni e che per ventinove anni si è dedicata esclusivamente alla famiglia – e quindi priva di professionalità – , proporsi sul mercato del lavoro e trovare occupazione in ambito scolastico?
Insomma se parte rilevante della carriera è merito della devozione della moglie nei confronti del marito in divisa, questo tipo di devozione va riconosciuta secondo i giudici anche quando l’amore finisce. E così la donna pescarese potrà contare su un assegno integrativo di oltre mille euro al mese e cioè un terzo della pensione maturata dal colonnello in pensione.
Quante persone si trovano in questa delicata situazione? Circa centomila l’anno in Italia e non sempre a “guadagnare” può essere la donna. Infatti in un terzo dei casi è la coniuge con le gonne ad essere la parte forte, economicamente parlando, della coppia.
Nel 2018 sono stati celebrati in Italia 195.778 matrimoni, circa 4.500 in più rispetto all’anno precedente (+2,3%), ma prosegue la tendenza a sposarsi sempre più tardi. Attualmente, gli sposi alle prime nozze hanno in media 33,7 anni e le spose 31,5 (rispettivamente 1,6 e 2,1 anni in più rispetto al 2008). Lo rileva l’Istat. Il fatto è causato dalla contrazione delle nascite durante gli anni Settanta, che ha determinato una riduzione della popolazione tra i 16 e i 34 anni.
Ci si sposa sempre più tardi: 31 anni e mezzo per le donne in media e 33 anni e mezzo in media per gli uomini è l’età in cui ci si mette la fede al dito, ben tre anni in più rispetto all’ultima media rilevata dall’Istat nel 2008.

PescaraPost

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