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Mattoscio (Saga): «Ho trovato tanti problemi, ma l’aeroporto è pronto a crescere»

Laureato in Economia e Commercio, una lunga carriera accademica, numero uno della Fondazione PescarAbruzzo. È l’identikit sommario di Nicola Mattoscio, da qualche settimana nuovo presidente della Saga, la società che gestisce l’aeroporto d’Abruzzo. Mattoscio è chiamato all’arduo compito di accompagnare la Saga verso la sostenibilità aziendale di impresa, in altre parole a rendere lo scalo di Pescara capace di camminare solo con le proprie gambe, senza i finanziamenti pubblici.
Che aeroporto e che Saga ha trovato?
«Una realtà importantissima sotto il profilo della sua rilevanza strategica con una definizione delle infrastrutture di grande interesse e tanti, tanti problemi. Potenzialità e vocazioni indiscutibili, ma accompagnate dall’esistenza di tanti problemi derivanti da normative nuove, comunitarie e nazionali. E poi ancora livelli indefiniti negli assetti operativi del modello di governance».
Dunque, vedendola da fuori si aspettava una realtà diversa?
«Non mi ero mai occupato di questo settore, ho vissuto l’aeroporto da comune cittadino. Vedevo un aeroporto non in rete, che dava opportunità solo di collegamenti point to point e se si aveva la necessità di quelle destinazioni si poteva usufruire di questo aeroporto, altrimenti bisognava recarsi in altri scali. Da utente apprezzavo le linee che erano in essere, ma il più delle volte ero costretto a raggiungere altri aeroporti per raggiungere le destinazioni finali. Non disponeva di un hub di collegamento significativo verso destinazioni nazionali, europee e intercontinentali».

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L’accordo con Alitalia per il collegamento con Fiumicino risolve, in parte, questo problema?
«Questa è una nuova sfida, non una battaglia vinta. Per la prima volta l’aeroporto di Pescara può beneficiare dell’opportunità di essere collegato direttamente con Fiumicino, un hub di rilievo internazionale, il più importante della penisola italiana. Abbiamo scelto Fiumicino perché è il numero uno e perché il vettore Alitalia ha piena operatività in questo scalo. Con Ciampino e Perugia, Fiumicino e Pescara definiscono la rete di aeroporti dell’Italia centrale nel nuovo piano nazionale. L’obiettivo è interpretare al meglio il nuovo piano nazionale e sfruttare al meglio la sinergia con il vettore più prestigioso che opera a Fiumicino».
Parlava di tanti problemi trovati, il principale qual è?
«Il primo grande problema è la sostenibilità di questa attività d’impresa, che al momento e per un periodo futuro ancora significativo, non potrà fare a meno di essere sostenuta dal pubblico, così come per altri aeroporti analoghi, della stessa classe dimensionale. Siccome su questo tema c’è, in parte, una disciplina europea sugli aiuti di Stato che apparirebbero, a certe condizioni, lesive della libera concorrenza, questo problema si riflette sulla gestione anche ordinaria, perché non potendo disporre di aiuti trasparenti, alla luce del sole, gestiti col massimo di efficienza e rigore possibili e di controllabilità e verificabilità, con la regolarità necessaria, è evidente che ne conseguono incertezze sia in materia di rilevanza strategica che sui temi di ordinaria gestione. Questi mancati sostegni si ripercuoto sulla gestione di cassa con le dinamiche perverse che si possono immaginare nei confronti dei tanti fornitori che vanno pagati e sull’efficentamento dei servizi».
Ci avviciniamo all’estate, secondo lei l’aeroporto deve puntare ancora di più sul periodo estivo?
«Bisogna distinguere tre filiere di attività: la prima deve essere rivolta a coltivare, finalmente, i collegamenti con l’hub strategico, visto che tutto questo non c’era, ora abbiamo una nuova frontiera grazie alla partnership con Alitalia e Fiumicino. La seconda è in capo ai cosiddetti point to point, ed è evidente, per quanto il nostro resti un aeroporto di piccola dimensione, come un certo numero di voli di questo tipo sia imprescindibile per essere uno scalo sovrano. Al momento questi voli sono garantiti quasi esclusivamente da Ryanair con la logica del low cost e dei relativi oneri per gli inventivi. L’obiettivo è mantenere le tratte già esistenti e aggiungerne di nuove. La terza filiera è quella charteristica. La storia dell’aeroporto su questo fronte è alquanto controversa per non dire deludente. Sono i numeri a dirlo, basta vedere i passeggeri in capo a questa tipologia di voli negli ultimi anni. È stata un’attività del tutto marginale, se non quasi insignificante. Grazie all’accordo triennale con Balkan Express, un tour operator di grande prestigio, robusto e affidabile che ha sede a Pescara. Puntiamo sulla stagione estiva ma penseremo anche a quella invernale. Stiamo lavorando su tutte e tre queste frontiere».
A fine mandato cosa vorrebbe lasciare all’aeroporto?
«Non vorrei arrivare a fine mandato, ho resistito in tutti i modi possibili a questa proposta. Ho accettato solo nella logica di fare squadra e in via del tutto eccezionale e temporanea. Spero che si riescano ad avviare i percorsi virtuosi necessari affinché questa società e questo aeroporto possano disporre di un proprio management e garantirsi i propri obiettivi societari. Abbiamo già adottato un piano industriale per il 2015/2020 che già alla scadenza del dicembre 2018 dovrà dimostrare l’abbattimento del 40 per cento del deficit di funzionamento evidenziato al 31 dicembre 2013. Alla scadenza dei cinque anni si immagina un volume di traffico totale tra gli ottocentomila e il milione di passeggeri. Alla fine del quinquennio dovrà essere dimostrata la sostenibilità di questo progetto».
Tra gli obiettivi del piano c’è anche quello di allargare il numero dei vettori?
«Abbiamo l’accordo strategico con Alitalia, per i charter con Balkan Express, c’è la Wizzair per l’est europeo. È ovvio che si cercheranno altre partnership».

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