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Investimenti, l’attore principale è sempre il risparmiatore

Quando si parla di investimenti e mercati, le dinamiche e le variabili da considerare sono molteplici, ma l’attore principale è sempre il risparmiatore, con le sue attitudini, la sua propensione al rischio, la sua educazione e la conoscenza del mercato in cui si sta tuffando. Non sempre lo spazio di manovra dipende dalla profondità del portafoglio: se si hanno a disposizione piccole o grandi somme, è importante calcolare ogni opportunità e cucire l’investimento sulle proprie caratteristiche. Ma, a proposito, quali sono le caratteristiche del consumatore italiano degli anni 2000?

A delineare i tratti del risparmiatore medio che decide di dedicare una parte del capitale agli investimenti è la Banca d’Italia. Nel 2016, la propensione al risparmio degli italiani ammonta all’8.3%, che si traduce in una nuova fiducia nei confronti delle transazioni che riguardano sia i mercati finanziari che quelli immobiliari. Certo, l’Italia ha perso tanta strada rispetto all’Europa, che ha mantenuto sempre accettabile la propensione al risparmio e all’investimento. La digitalizzazione di strumenti e prodotti finanziari ha attirato la curiosità degli investitori in vista di una prospettiva di rendita che non è sempre garantita né dalle classiche forme previdenziali né dagli altri strumenti presenti sul mercato.

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Al contempo, però, l’italiano medio è attento a dribblare sprechi e surplus, e difficilmente intraprende una strada che comporta investimenti se non ha totale fiducia nel mezzo e nei consulenti che lo affiancano. In tal senso, una “mano” arriva dai nuovi strumenti finanziari, che non solo abbattono le spese fisse, ma sono anche votati alla massima trasparenza. In considerazione di questo scenario, secondo Bankitalia l’investimento reale sta lentamente soppiantando le transazioni legate agli immobili e alle abitazioni, superando quell’abitudine tutta italica che preferiva il “mattone” all’investimento, non considerato che i rischi legati al mercato immobiliare sono simili a quelli del mondo finanziario. Tale fiducia si ripercuote anche sulla ricchezza finanziaria, per la quale si registra un “esodo” sempre più importante da azioni e obbligazioni a investimenti in strumenti liquidi e nel risparmio gestito. La ragione è da registrare nelle più ampie possibilità di rendimento, associate a quei requisiti – chiarezza, trasparenza, abbattimento dei costi – che i consumatori hanno da sempre richiesto.

Il quadro della situazione italiana è completato dall’indagine di Household Finance and Consumption Survey, che sottolinea la voglia di investire commisurata alle ristrettezze economiche. Spesso questo binomio si ripercuote sulla diversificazione degli investimenti e quindi in portafogli più “poveri” e in grado di fronteggiare con meno sicurezza le turbolenze dei mercati. Per questo motivo, la metà esatta degli italiani ha sinora preferito le forme finanziarie di deposito.

L’OCSE torna invece ad analizzare le abitudini finanziari in correlazione all’educazione degli investitori. Nell’International Network on Financial Education del 2017 è palese l’arretratezza culturale del risparmiatore italiano, che si ripercuote nella consapevolezza dell’investimento, nella mancanza delle informazioni necessarie per valutare i vantaggi della diversificazione, una progettazione affidabile, seria e duratura, che possa anche servirsi dell’esperienza di consulenti esterni. In tal caso, la componente formativa è importante tanto quanto la profondità del portafoglio: solo scelte oculate possono produrre una rendita effettiva.