di Monica De Panfilis
La crisi ha allentato il flusso di consumatori verso la grande distribuzione e quindi è adesso che i piccoli commercianti devono sfruttare l’occasione per riprendersi la clientela. È questa l’altra faccia della medaglia della crisi che cancella negozi e botteghe dalle vie cittadine.
Ne è convinta Confesercenti, secondo la quale la ripresa del commercio pescarese passa anche per le vendite on line. Ma quasi a “chilometro zero”: si compra da casa ciò che si vende sotto casa.
Ne abbiamo parlato con Gianni Taucci, direttore di Confesercenti Pescara.
Che momento vive il commercio pescarese?
«Il momento di crisi continua a farsi sentire ma si nota un minimo di movimento in più. Soprattutto, la crisi ha interrotto il movimento dei consumatori verso i centri commerciali e quindi c’è la “novità” della rivitalizzazione dei centri urbani. E a ciò deve corrispondere un modo nuovo di intercettare il cliente».
Quale potrebbe essere?
«Il commercio di via vede come un mostro il mercato on line, invece i dati dicono che ci sarebbero molte più opportunità per i piccoli negozi perché hanno dalla loro un’organizzazione più minimal ed una risposta più veloce all’utenza. Oggi l’utente si sta abituando a comprare da casa ciò che si vende sotto casa».
Un e-commerce locale, quindi? Le attività commerciali sono già così digitalizzate?
«Sì, si compra da casa e si ritira in negozio. Per questo il web con il commercio di via c’entra molto più di quanto si pensi. Ma le attività, no, digitalizzate lo sono ancora poco. Magari si fanno la pagina Facebook e poi non la aggiornano, e questo è un boomerang perché diventa un modo per far vedere al cliente che non si lavora. Occorre che l’imprenditore incominci a percorrere una strada per riavvicinarsi in maniera forte all’utenza».
Come?
«Innanzitutto con il contatto con il cliente, che è fondamentale. Poi con la formazione: bisogna imparare nuovi metodi di dialogo in virtù di ciò che l’utenza oggi chiede. La formazione deve essere continua e deve essere al primo punto nello sviluppo di un’attività. Per questo la prima cosa da fare è investire sul personale. E poi c’è la parte che deve fare l’amministrazione comunale».
In che modo?
«Deve fare investimenti forti sul centro cittadino e mettere in moto quei meccanismi, che come Confesercenti abbiamo stimolato con delle manifestazioni, anche notturne, di rivitalizzazione dei centri urbani. Penso ai sistemi per fare consorzi di via, centri commerciali naturali, al marketing territoriale. E per riqualificare bisogna investire denari, che poi ritornano sotto forma di tasse.
L’amministrazione pubblica deve fare rete; il compito dell’associazione di categoria è accompagnare gli operatori a fare rete. Le attività della ristorazione e del divertimento notturno sono finite nel mirino dopo i recenti episodi di degrado e violenza in centro. Se Pescara è diventata il luogo in cui la gente dorme sotto le vetrine e urina per strada è perché c’è mancanza di controllo. La Confesercenti ha chiesto un tavolo permanente per la gestione della movida perché non bisogna aspettare che questi flussi creino problemi, per poi reprimerli, ma bisogna saper gestire le 15mila persone, almeno, che la sera passano di qua. Lo stesso problema c’è stato prima sul lungomare, dove è stato represso con le telecamere, i buttafuori e il blocco degli orari per la somministrazione delle bevande; allora il pubblico si è spostato a Pescara vecchia, ed è accaduto lo stesso. Tutto questo succede perché non c’è il controllo. Lo si fa solo dentro le attività, di sabato sera, quando si lavora di più. Questa è una forma di repressione. Non è l’operatore che educa l’ubriaco. Farebbe pure carte false per mantenere la sua bella utenza ma non può controllarla, bastano 300 persone, tra 15mila, per rovinargli la piazza. Serve maggiore controllo, anche a tutela delle imprese che pagano le tasse».
Quindi non è la movida in centro da mettere sotto accusa, per colpa di quei pochi che trasformano
il divertimento notturno in degrado?
«Se è stata riqualificata una piazza (piazza Muzii, ndr) ci aspettavamo che sotto ci mettessero garage? O negozi di abbigliamento capaci, con questa crisi, di pagare i fitti che ci sono? La ristorazione ed il divertimento hanno proporzioni di margine diverse, sono più facilitati a pagare 3.500 euro di affitto per 30-40 metri quadri».
Confesercenti si è detta contro le liberalizzazioni sfrenate delle aperture domenicali. Come si possono razionalizzare adesso che la crisi ha frenato i flussi verso gli iper?
«Il loro numero va ridotto. Se si sta aperti due domeniche al mese è sufficiente, magari soltanto nelle ore pomeridiane, in modo da ridurre i costi ed intercettare il momento della giornata in cui si fanno più acquisti. Serve una tutela delle milioni di piccole imprese, e delle loro famiglie, che sono quelle che fanno il Pil dell’Italia».
Confesercenti rappresenta anche le attività del turismo balneare, qual è il bilancio di questa stagione estiva?
«Nei luoghi dove c’è stato il problema del mare inquinato e della mancata comunicazione, che ci dovranno spiegare, c’è stato un calo forte di presenze nell’ultima parte della stagione. Per il resto abbiamo registrato presenze molto più elevate negli hotel di Pescara e Montesilvano in virtù del fatto che la crisi del Medio Oriente ha portato l’utenza straniera di più in Italia. Complice, anche, la scelta di ospitare eventi sportivi come l’Iron Man e i Giochi del Mediterraneo sulla Spiaggia ad inizio e fine estate. Ma la nostra stagione non si può basare sull’Isis, e non si può affidare alla fortuna. Serve una strategia precisa. Dire, come ho sentito, che è stata un’estate “fortunata” è un dramma».
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