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Massimiliano Di Matteo, vincitore di MasterChef Israele con timballo e scrippelle ‘mbusse

Massimiliano Di Matteo, 40enne chef montesilvanese di grande talento, ha vissuto 17 anni a New York e poi è approdato in Israele, circa un anno e mezzo fa, dove ha partecipato alla trasmissione televisiva Masterchef, sbaragliando la concorrenza e vincendo il reality.
Di Matteo ci ha raccontato la sua esperienza di vita e i suoi progetti futuri.

Com’è iniziata la sua carriera di chef?
«Non mi reputo ancora uno chef, piuttosto uno a cui piace mangiare e dato che mi piace mangiare ho viaggiato e nel periodo in cui ero a casa, mi sono preoccupato di imparare da mia madre e mia nonna quei piatti che mi piacevano, che amavo, in modo da poterli rifare quando volevo negli Stati Uniti o quando abitavo in Messico. Per essere un vero chef, secondo me, ci vuole ancora un po’…posso definirmi cuoco, mi vedo bene in cucina ma ho ancora tanto da imparare».

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Cosa l’ha spinta a partecipare al programma Masterchef?
«Ho sempre desiderato aprire un ristorantino ma non ho mai trovato la giusta partnership, per cui sono venuto in Israele facendo un cambiamento drastico e dicendo a me stesso, con un’energia diversa: “Voglio aprirlo, anche piccolo, con 2 sedie, ma voglio aprirlo”. Così, ho deciso di partecipare al programma Masterchef, che era un po’ come giocare alla lotteria, e almeno sapevo di averci provato, di aver fatto il possibile. Dopo diversi provini è iniziato lo show, eravamo 24 e siamo rimasti in 12…e poi, pian piano, alla fine…ho vinto io. Ho partecipato anche per far conoscere qui in Israele le nostre tradizioni, promuovere il nostro territorio, i nostri prodotti».

Quali piatti abruzzesi ha preparato per i giudici di Masterchef?
«Scrippelle ‘mbusse, polenta, timballo, granetti con fave e cipolla soffritta».

Quali sono le sue specialità?
«La mugnaia sicuramente…e poi il timballo, scrippelle ‘mbusse».

Quali sono le caratteristiche di un bravo cuoco?
«Un bravo cuoco, prima di saper cucinare, deve saper mangiare, perché se non sai riconoscere quando un piatto ti è riuscito bene, sei solo uno che sa dire “oh quanto sono bravo”. Di solito so riconoscere quando un piatto è fatto bene e per ciò che riguarda la cucina so preparare una ventina di piatti fatti come si deve: per il resto, però, voglio imparare. Non sono uno chef però penso che un bravo chef debba saper prima riconoscere cosa vale la pena cucinare, cosa può piacere a una persona e poi debba entrare nell’anima degli ingredienti, dei sapori, deve avere fantasia».

Pregi e difetti di Massimiliano?
«Ho diecimila storie da raccontare, una memoria da elefante, tengo tantissimo ad amici, famiglia, alla mia terra e mi adatto, ovunque vado. I difetti, sono un po’ impaziente, e poi, non so se è un pregio o un difetto, sono un po’ troppo spontaneo, non riesco a far buon viso a cattivo gioco».

Che cosa rappresenta per lei questa vittoria?
«Vorrei che fosse di esempio a molte persone che si danno per vinte. Può succedere di tutto invece…Io vengo da una famiglia in cui mio padre è morto a 41 anni, lasciando i figli piccoli e mia madre senza lavoro, con una macchina che nessuno sapeva guidare. Tutti ci davano per spacciati, ma poi ci siamo rimboccati le maniche e io son partito, come del resto hanno fatto molti, ho rischiato andando a vivere in un posto sconosciuto con 3 bambini a 40 anni, e ce l’ho fatta. Mi piacerebbe che gli altri prendessero spunto da questa mia esperienza, che si buttassero nelle cose, senza darsi per vinti, perché come si suol dire, se non ci provi non saprai mai come andrà».

 Progetti futuri?
 «Vorrei aprire il mio ristorantino, tornare in Italia più spesso e magari fare un altro figlio».

Un messaggio per i lettori di PescaraPost appassionati di cucina?
«Mantenete le nostre tradizioni, andate a mangiar fuori ma cucinate a casa per imparare le ricette del nostro territorio che non vanno assolutamente perse».