È possibile riconoscere le emozioni che si “celano” dietro una mascherina?
Il cervello sembra adattarsi con fatica nell’elaborazione di queste informazioni.
Questo è, in estrema sintesi, quanto emerso da un recente studio condotto dagli psicologi dell’università “G. d’Annunzio” di Chieti–Pescara, del Dipartimento di Scienze Psicologiche, della Salute e del Territorio, i cui esiti sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Neuropsychologia.
La pandemia da COVID-19 che ha colpito la popolazione mondiale negli ultimi anni ha drasticamente influenzato le modalità di interazione interpersonale e tra queste l’uso frequente della mascherina chirurgica ci ha portato a vedere e interagire spesso con persone con il volto parzialmente coperto.
Data l’importanza che i volti rivestono nelle interazioni sociali e considerato l’impatto che le mascherine possono avere sulla percezione e il riconoscimento delle informazioni sociali veicolate dai volti, in particolare le emozioni, la ricerca condotta dal professor Luca Tommasi in collaborazione con le ricercatrici Giulia Prete e Anita D’Anselmo del Dipartimento di Scienze Psicologiche, della Salute e del Territorio dell’ateneo abruzzese, ha analizzato se l’esposizione forzata a facce occultate dalle mascherine ha comportato cambiamenti nell’attività cerebrale.
Lo studio è stato svolto su partecipanti ai quali, nel periodo compreso tra settembre e novembre 2021, è stata registrata l’attività elettrica cerebrale tramite elettroencefalografia (EEG) mentre venivano loro mostrati dei volti arrabbiati o felici che indossavano o meno una mascherina chirurgica.
Inoltre, per comprendere l’effetto dell’esposizione personale alle mascherine, ai partecipanti è stato chiesto di riferire il tempo che trascorrevano quotidianamente indossando una mascherina e in presenza di persone che le indossavano a loro volta.
I risultati dello studio hanno dimostrato che oltre a una compromissione nel riconoscimento delle emozioni (i partecipanti infatti erano meno accurati e più lenti nel riconoscere le emozioni di volti mascherati), si assiste anche a un’alterazione a livello cerebrale nell’elaborazione di volti che indossano una mascherina.
La variazione del potenziale elettrico derivante dalla visione dei volti viene studiata da almeno tre decenni e rappresenta uno dei segnali più stabili e consistenti registrabili dal nostro cervello attraverso l’EEG: tale segnale è risultato alterato quando venivano osservati volti che indossavano una mascherina, soprattutto nei partecipanti quotidianamente meno esposti alle mascherine.
Questi risultati dimostrano che, oltre alla complessità nel riconoscere le emozioni al di sotto di una mascherina chirurgica, il nostro cervello mostra risposte corticali differenti nell’elaborazione di volti emotivi con e senza mascherina e inoltre che queste attivazioni sono dipendenti dalla quantità di esposizione personale alle mascherine nella vita quotidiana.
È probabile quindi che il cervello si stia adattando a questo vincolo aggiuntivo rappresentato dalla mascherina, nell’elaborare stimoli sociali fondamentali rappresentati dai volti dei conspecifici.
Questo risultato è particolarmente allarmante se si considera che l’occultamento innaturale comportato dalla mascherina, oltre a rendere più faticosa per il cervello adulto la decodifica dei volti altrui, potrebbe costituire una deprivazione importante nel mondo sensoriale dei bambini, per i quali è noto che l’esposizione a particolari categorie di stimoli nei primi mesi di vita costituisce una fase delicatissima, in cui il cervello è progettato per costruire rappresentazioni destinate a durare per tutta la vita.
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