Stefania, la donna che ha commosso il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stata “liberata” a Montesilvano.
Dal Comune della città adriatica in provincia di Pescara hanno infatti spiegato che la giovane donna, la cui storia di violenza lo scorso 8 marzo raccontata al Quirinale ha toccato profondamente anche il presidente Mattarella, è stata liberata dalla schiavitù da parte dei carabinieri di Montesilvano.
Ecco il breve racconto della sua storia a Montesilvano, fornito dal Comune:
Stefania venne strappata alla famiglia, in Bulgaria, a soli 17 anni, e portata in Italia con il miraggio di un lavoro. Un miraggio, appunto. In realtà è stata messa a prostituirsi e picchiata ferocemente perché non guadagnava abbastanza. Quello che non è stato evidenziato, finora, è che Stefania era a Montesilvano quando venne salvata dai carabinieri guidati dall’allora capitano Enzo Marinelli, oggi maggiore, all’epoca comandante della Compagnia di Montesilvano. Si prostituiva sotto la pineta, nei pressi di via Adda. I suoi aguzzini sono stati individuati e mandati a processo per riduzione in schiavitù.
Queste le parole pronunciate al Quirinale da don Aldo Bonaiuto, della comunità Papa Giovanni XXIII, i cui volontari furono contattati proprio dai militari di Montesilvano:
«Quando l’abbiamo vista la prima volta sembrava uscita da un campo di sterminio».
Queste invece le parole di Stefania:
«Oggi, a 24 anni, finalmente anche il lavoro. Che era il mio sogno fin dall’inizio. La forza per andare dal presidente Mattarella, e di parlare davanti all’Italia, l’ho trovata soltanto per loro. Perché sappiano quello che mi è successo, che non sono sole, che possono ricominciare. Anche per gli uomini, ho voluto parlare. Perché sappiano che sbagliano e smettano di farlo. Questi uomini che voi chiamate “clienti” sono uomini che vanno a fare la spesa, a comprare qualcosa di cui hanno bisogno. Così anche io sono diventata una cosa da comprare, come quando si va dal macellaio. Non riuscirò mai a capire come una persona che si definisce “uomo” possa non avere pietà di una ragazza che piange, sanguina e che soffre. Come possa comprarla, per fare sesso, mentre piange e sta male».
Queste, invece, le parole i Francesco Maragno, sindaco di Montesilvano:
«E’ per tutte le Stefania che sono ogni notte in strada, o in qualche squallido appartamento che abbiamo voluto incrementare il nostro impegno contro la tratta delle donne. Quello che è accaduto nella nostra città è tremendo. A Stefania, perché guadagnava troppo poco, sono stati strappati i cappelli, lembi di pelle dalle ginocchia, bruciato la schiena e, con un paio di tronchesi, le è stato tagliato un pezzo di orecchio. Per non far sentire le urla ai vicini di casa, le avevano tappato la bocca con il nastro adesivo. A lei non restava nemmeno un euro di quello che guadagnava. Il maggiore Marinelli mi ha raccontato che poi, finalmente, sono riusciti a trovare i suoi sfruttatori, nei dintorni di Venezia. Ecco, è per evitare queste cose che voglio inasprire al massimo la lotta contro la tratta delle donne. Abbiamo attivato un numero telefonico, a cui rispondono i nostri agenti della Polizia municipale del Nap, Nucleo anti prostituzione, che, in pochi giorni, ha già iniziato a ricevere segnalazioni. Potenzieremo il controllo con le telecamere, a giorni arriveranno i pannelli luminosi che metteremo in strada per avvisare dell’ordinanza che punisce i “clienti” con multe fino a 450 euro. Infine, ma non certo per ultimo, abbiamo lanciato una campagna mediatica molto forte, un pugno nello stomaco che solo chi non capisce, o è in malafede, vuole attaccare perché si usa il termine “mandare a puttane”, un modo di dire che indica – lo dicono i migliori vocabolari – andare a rotoli, andare a finire male. Volevo uno slogan forte, fortissimo, perché di questa tragedia se ne deve discutere per salvare delle vite umane. E se per salvare delle ragazze dalla schiavitù c’è bisogno di polemiche e “criminalizzazione” che ben vengano queste critiche».
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