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Mare inquinato, il Wwf: «La tutela della salute prima di altri interessi»

«Sulla vicenda del mare inquinato e sulla balneazione si rispetti il principio di precauzione, la tutela della salute viene prima di ogni altro interesse e la corretta informazione tranquillizza turisti e cittadini e li induce alla fiducia. Nascondere o minimizzare le emergenza porta soltanto danni, alla lunga anche ai balneatori».

Questo il punto di vista del Wwf in merito al problema della qualità delle acque marine a Pescara anche alla luce delle recenti polemiche.

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Per Nicoletta Di Francesco, presidente del Wwf Chieti-Pescara «è in primo luogo necessario specificare che la normativa che si applica per stabilire se un tratto di costa è frequentabile o meno per la balneazione è di tipo sanitario e non ambientale. I controlli che l’Arta compie periodicamente, per legge, secondo un calendario e nei posti stabiliti anno per anno dalla Regione, ci dicono soltanto se possiamo entrare in acqua senza rischi per la nostra salute e non che il mare è ecologicamente in buone condizioni. È questa la ragione per la quale, salvo casi particolari, le analisi sono incentrate unicamente sulla presenza o meno di escherichia coli e di enterococchi intestinali, batteri utilizzati come indicatori di rischio igienico-sanitario. Ciò premesso appare evidente che la eventuale presenza oltre i limiti di legge di tali batteri comporta una immediata chiusura della balneazione senza tentennamenti: le emergenze vanno gestite con estrema rapidità, altrimenti si rischia, per dirla con un vecchio proverbio, di chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati».

Questo quanto aggiunge la presidente del Wwf:

«È attualmente in corso una indagine della magistratura destinata a fare chiarezza, ma sui fatti del tratto di costa prospiciente via Balilla ci sembra comunque doveroso esprimerci cercando di attenerci soltanto ai fatti. Ebbene in aprile crollò rovinosamente un tratto dell’asse attrezzato nei pressi del depuratore danneggiando il collettore fognario e costringendo a utilizzare la vecchia condotta, tutt’ora usata. Quella vecchia condotta, evidentemente inadeguata, secondo ciò che è emerso anche in sede di commissione ambiente del Comune, cui il Wwf ha partecipato come uditore, da allora ad oggi si è rotta ben 11 volte riversando i liquami direttamente nel Pescara e da qui sulla costa adriatica a nord della foce del fiume. Con tali precedenti un elementare principio di precauzione avrebbe imposto il divieto di balneazione almeno immediatamente dopo ogni rottura, senza bisogno di attendere i responsi dell’Arta. Tra il prelievo dell’acqua di campionamento, l’effettuazione delle analisi, la diffusione del responso, la stesura del divieto e la sua pubblicazione non possono esserci tempi morti o comunque vanno ridotti a poche ore, perché in quei tempi morti i bagnanti, anche i bambini, vanno in acqua e le conseguenze possono essere pesanti. Né vale qualcosa l’affermazione secondo la quale non c’è stato un superlavoro al pronto soccorso di Pescara, perché nelle strutture di emergenza si va solo nei casi più gravi. Gli altri li affrontano pediatri, medici di famiglia e guardia medica. Il divieto andava disposto subito, preoccupandosi della salute dei cittadini prima che dei conti economici relativi alla stagione balneare. Il fatto poi che il tratto incriminato sia chiamato “acque scarse”, come ha riferito il sindaco volendo indicare che c’è uno scarso ricambio, aggrava e non assolve. Sarebbe stata una ragione in più per porre particolare attenzione alla difesa della salute dei cittadini. Tra l’altro i bagnanti che vengono adeguatamente informati si sentono sicuri e tutelati e probabilmente torneranno senza problemi anche l’anno prossimo. Non sappiamo se sarà lo stesso per coloro cui nei fatti si è permesso di bagnarsi prima in un’acqua contaminata e subito dopo in un’acqua tornata “pulita” grazie a un massiccio intervento chimico. L’Oxystrong immesso nella rete fognaria per contrastare l’infezione è un potente biocida, consentito dalla legge, ma comunque ecotossico a certe concentrazioni: è stato accertato che a 150 parti per milione (ppm) è mortale per i crostacei usati nei test. Sarebbe interessante sapere con quale concentrazione il prodotto e/o i suoi derivati sono arrivati sulla costa mentre cittadini e turisti, loro malgrado disinformati, stavano tranquillamente sguazzando tra le onde».

Infine la Di Francesco segnala come «il problema della balneazione non si risolverà mai sino ma quando continuerà a essere all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni soltanto da metà giugno a metà settembre. Il mare abruzzese è inquinato, in parecchi punti e in particolare là dove arrivano sulla costa fiumi e fossi. Una politica seria, fatta ogni giorno dell’anno, per regolare gli scarichi, far funzionare i depuratori, risanare le acque interne, garantire ben di più del deflusso mimino vitale, questa è la strada, insieme alla lotta contro la deriva petrolifera, per restituire davvero agli abruzzesi un mare Adriatico “verde come i pascoli dei monti”».


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